La gravidanza, per eccellenza il periodo dell’attesa più lieta, è anche il momento delle domande e delle preoccupazioni sulla salute del bambino. Per tranquillizzare i futuri mamma e papà, si prospettano nuove possibilità di diagnosi prenatale precoce non invasive (Nipd – Non Invasive Prenatal Diagnosis), per la valutazione delle anomalie cromosomiche più frequenti nel feto: trisomie 21 (Sindrome di Down), 18 (Sindrome di Edwards) e 13 (Sindrome di Patau), microdelezioni (perdita di microscopici frammenti di un cromosoma) e alterazioni del numero di cromosomi X e Y che determinano il sesso del nascituro. Niente aghi nel liquido amniotico (amniocentesi), né nella placenta (prelievo dei villi coriali). Come funziona? «A partire dalla decima settimana di gravidanza, basta un semplice prelievo di sangue della mamma per individuare le alterazioni cromosomiche, attraverso l’analisi diretta del Dna fetale circolante appunto nel sangue materno, senza il benché minimo rischio per il nascituro», spiega la dottoressa Marina Baldi, genetista del Laboratorio Genoma di Roma, il primo ad eseguire questo test interamente in Italia, senza dover trasportare il materiale da analizzare all’estero. «Proprio dalla decima settimana, infatti, è presente nel sangue materno una concentrazione di Dna di origine fetale libero, che aumenta con l’avanzare dell’età gestazionale, tanto da poter essere utilizzato come biomarker per la rilevazione delle anomalie cromosomiche più diffuse».
Gli esami genomici non invasivi, avvalendosi di una nuova tecnologia di sequenziamento (Massively Parallel Sequencing) e di una sofisticata analisi bioinformatica, permettono di ottenere informazioni dettagliate altamente affidabili sull’assetto cromosomico del nascituro, con un’attendibilità superiore al 99,2%. Questa sensibilità è addirittura superiore anche a quella dell’ormai diffusissimo Test Combinato (BI-Test, o Dual Test) che invece non supera il 95% e si caratterizza per un elevato numero di falsi positivi (circa il 5% – soggetti non malati ma che risultano positivi al test), a fronte di un ben più basso 0,03% di queste altre metodiche non invasive.
Non esponendo il feto ad alcun rischio – oltre a essere consigliabile in caso di Test Combinato (BI-Test) positivo o soprattutto dubbio del primo trimestre – può essere eseguito su ogni donna in attesa, che lo desideri, a qualunque età; in gravidanze singole, gemellari, anche ottenute con l’aiuto della Procreazione Medicalmente Assistita; o, ancora, quando c’è un quadro ecografico di anomalie fetali suggestive di aneuploidia; oppure nelle gravidanze in cui sarebbe indicata la diagnosi prenatale invasiva (amniocentesi o villocentesi) ma ci sono problemi che ne aumentano il rischio (perdite ematiche gravi da minaccia d’aborto, contrazioni…). Infine nei casi di anamnesi personale/familiare di anomalie cromosomiche, come suggerito dalle linee guida recentemente emanate dall’American College of Obstetricians and Gynecologist e dalla Society for Maternal Fetal Medicine.